“I vini bianchi si devono bere giovani, dell’ultima annata, altrimenti perdono freschezza". Osservazione giusta, ma non sempre vera.
Spesso, versando un Verdicchio con qualche anno sulle spalle, mi sono ritrovata a raccontare che esistono vini bianchi pensati per durare a lungo nel tempo, per essere dimenticati in cantina e ritrovati con grande meraviglia dopo 3, 5, o addirittura 10 anni e più. Non parlo solo dei soliti Chardonnay e Resling che tutti conosciamo e che grazie a un marketing ben fatto sono riusciti a comunicare la grande esperienza che un vino invecchiato può regalare. Parlo di vini italiani, prodotti da vitigni autoctoni, vini bianchi dallo strepitoso potenziale di invecchiamento per i quali vale la pena aspettare anche parecchi anni prima di aprire una bottiglia.
Quali sono i motivi? In realtà sono diversi, alcuni riconducibili a caratteristiche che si ritrovano in natura, altri alla sapienza dell’uomo che con l’esperienza impara a gestire le sue vigne e le sue uve. Potrei parlare di rese di uva per ettaro, di anni della vite, della composizione del terreno, della presenza o meno di escursione termica tra il giorno e la notte, del lavoro in vigna e in cantina. E poi ancora della scelta del tappo - fondamentale - e della cura necessaria per la conservazione e l’affinamento. Non credo però che questo potrebbe aiutare tutti a comprendere.

Se penso ai miei primi passi nel mondo del vino ricordo quanto il concetto di invecchiamento- e ancor più di attesa- fosse difficile per me. Nelle logiche di marketing, dalle quali ero fortemente influenzata considerati i miei studi e il mio trascorso lavorativo, soddisfare la domanda proveniente dal mercato era fondamentale. Il mercato mi chiedeva i vini nuovi a inizio anno - di uve vendemmiate solo pochi mesi prima - e io mi scontravo con mio padre che continuava a ripetermi “Non sono pronti. Hanno bisogno di tempo”.
Ciò che mi ha permesso di iniziare a vedere il vino in modo diverso dai prodotti che avevo trattato fino ad allora, sono state queste sue parole pronunciate in uno dei tanti momenti di confronto/scontro: «Pensa al vino come a qualcosa di vivo. Cambia in base a come trattiamo le sue uve, come le scegliamo, quante ne raccogliamo. Cambia in base al terreno in cui nasce, se cresce con un bel sole o se invece piove. Ci sono vini che nascono per regalare subito emozioni, altri pensati per durare nel tempo. Passano gli anni e il vino cambia, acquista complessità, nuove sfumature, si arricchisce di sentori e diventa sempre più profondo e interessante. Ti accorgerai così che ogni sorso racconta una storia, fatta di lavoro, studio, pazienzae dedizione, e più il tempo passa, più la storia diventa coinvolgente. Io i miei vini li ho sempre pensati così - e se ci pensi è un po' come l’arte - capaci di sfidare il tempo.»
Privè Vecchie Annate
Allora mio padre mi mostrò un progetto che aveva nel cassetto, il Privè Vecchie Annate. Un luogo virtuale, e fisico, dove poter scambiare esperienze sui Verdicchio più longevi, degustare e scrivere appunti sull’evoluzione, confrontare annate diverse e discutere sulle “grandi annate” o sulle “annate mediocri”. Il Privè oggi sta prendendo forma in un luogo intimo e raccolto dove conservare i nostri pensieri - e vini - più preziosi. Se avete voglia di dare il vostro contributo, o anche solo scambiare una riflessione, scrivetemi a evelyn@accadiavini.it.

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